Il mio filo rosso di Giulia Maria Crespi – Einaudi

Da ragazzino m’imponevo di finire un libro anche se non mi piaceva. Da adulto m’imposi di interrompere la lettura di libri che non mi emozionavano.
Le prime pagine de Il mio filo rosso mi stavano facendo desistere. Poi, complice una notte insonne e la mancanza di altri libri sul comodino, mi sono addentrato nella lettura.

Il libro è caotico, pesante, scritto male. Ha però dei pregi.

L’autrice non si nasconde o almeno non sembra aver pudore quando ammette errori, contraddizioni, rimpianti. Questo elemento rende interessante la storia, se non la lettura, soprattutto paragonata a recenti operazioni editoriali dove anziane signore raccontano la propria vita senza svelare nulla.

Qui non vi sono rivelazioni sensazionali ma si ha l’impressione che chi racconta crede a quello che dice, racconta la propria verità.

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Il secondo pregio è quello di assistere alle vicissitudini che portarono la famiglia Crespi alla perdita del Corriere della Sera.  Perdita che l’autrice sembra ancora rimpiangere nonostante i molti anni passati ed il grande  impegno profuso nel F.A.I. .

Il Corriere era come un blasone per i Crespi. L’ultima discendente sente ancora vivo lo strappo della perdita.

In questa parte del libro la narrazione diventa quasi avvincente con personaggi del calibro di Agnelli, Moratti e Rizzoli che fanno una figura pessima per non parlare di Montanelli, che volendo salvare il Corriere chiede di essere nominato direttore. Richiesta che verrà gentilmente accantonata dalla proprietà per ben due volte.

Infine il pregio maggiore della Crespi è il coraggio di mettersi in mostra. Leggendo si arriva ad ammirare l’impegno che la protagonista ha profuso in tutto quello che ha fatto.

Nella sua vita solo una cosa è mancata, un buon editor.

Demetrio Canale

 

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Il Sacrificio di Eva Izsàk di Januaria Piromallo

“Non c’è nessun altra specie che uccide la sua stessa specie. Solo l’uomo e la colomba: non è un caso che una specie omicida abbia scelto un’altra specie omicida come simbolo di pace”.
Questa è una delle considerazioni finali di un libro amaro in cui Januaria Piromallo racconta la morte dimenticata di una donna coraggiosa, uccisa dal fuoco amico.

Prendete un uomo d’intelligenza perversa che usa i suoi puntelli ideologici come un giocoliere.
Aggiungete la sua compagna, mediocre e gelosa.
Condite con un gruppo di accoliti, totalmente asserviti al leader.
Avrete gli ingredienti di questa tragedia greca sotto abiti moderni, dove l’istinto omicida del capo viene soddisfatto e giustificato dall’ideologia politica.

Sembrano lontani i tempi di Bella e d’Annata quando l’autrice dispensava consigli di bellezza alle amiche in lotta contro il tempo.

Parafrasando Marx si potrebbe dire che il fanatismo è l’oppio dei popoli.

Januaria

 

 

 

 

“There is no other species that kills its own species. Only the man and the dove: it is no coincidence that a murderous species has chosen another murderous species as a symbol of peace.”
This is one of the final points of a book in which Ianuaria Piromallo tells the forgotten death of a brave woman, killed by friendly fire.
Take an intelligent perverted man who uses his ideological props like a juggler.
Add his partner, mediocre and jealous .
Season with a group of acolytes, totally subservient to the leader.
You will have the ingredients of this Greek tragedy in modern dress, where the killer instinct of the head is satisfied and justified by political ideology.
Seem distant times when the author dispensed beauty tips to her friends in the fight against time in her previous book Bella e D’annata.
Paraphrasing Marx, one could say that fanaticism is the opium of the people .

Demetrio Canale